Scuole in Europa: Covid, riaperture e didattica dopo un anno di pandemia

I Paesi europei continuano a confrontarsi con la ricaduta della crisi sanitaria sul sistema scolastico. Una panoramica sulle diverse misure intraprese nel continente.

Scuole in Europa: Covid, un anno dopo. Le scuole europee sono ben lontane dall’aver raggiunto un equilibrio, a un anno dall’inizio della pandemia. Con l’aumento della circolazione del contagio da Covid, la saturazione delle terapie intensive (e i ritardi riscontrati nelle prime campagne vaccinali anti Covid del 2021), le misure restrittive messe in atto dai governi continuano a riguardare anche le strutture scolastiche.

Il precario stato di tenuta delle scuole in Europa rispecchia quello degli istituti in tutto il mondo. Oltre 800 milioni di studenti – più della metà della popolazione scolare mondiale – subiscono tuttora gli effetti del pesante contraccolpo sul sistema scolastico, ancora alle prese con tentativi di riapertura, nuovi lockdown e didattica alternata. Questo è quanto emerge dal rapporto Unesco pubblicato il 25 gennaio 2021.

Chiusure parziali e complete delle scuole da Aprile 2020: Italia 26 settimane, UK 21, Germania 19, Irlanda 17, Spagna 15, Svezia e Danimarca 14, Francia 10.

Rapporto “Duration of school complete or partial school closures”, UNESCO (Agg. gennaio 2021)

Se Francia, Belgio, Croazia, Islanda, Montenegro e Moldavia sono tra i pochi paesi ad aver lasciato quasi sempre aperte le scuole, Germania, Regno Unito e Olanda risultano tra quelli che le hanno tenute chiuse più a lungo. L’Italia si colloca nel mezzo di questa bipartizione, fra gli Stati che hanno optato per una riapertura parziale degli istituti scolastici; le sue 26 settimane complessive riportate dal rapporto, aggregano infatti il dato di questa gestione a intermittenza. 

Scopriamo allora quale sia attualmente, negli paesi europei, la risposta dei sistemi scolastici all’emergenza sanitaria.

Scuole in Europa: il Covid continua a condizionare l’organizzazione della didattica

A distanza di circa sei mesi dall’inizio dell’anno scolastico 2020/2021 (ci eravamo occupati della ripartenza delle scuole europee in questo articolo), continua a registrarsi una certa varietà nelle misure messe in pratica dai paesi europei per assicurare il proseguimento dell’attività scolastica, a fronte della crisi sanitaria da Covid-19. C’è chi tenta di mantenere aperte le scuole a ogni costo, chi deve ricorrere alla didattica digitale, chi sceglie l’alternanza tra le lezioni in presenza e quelle da remoto.

Eppure, in assenza di un miglioramento significativo della curva pandemica, la prospettiva della chiusura degli istituti resta una possibilità con cui ogni Stato è ancora costretto a confrontarsi. Paesi come la Germania e la Danimarca, che si erano distinti per aver mantenuto le scuole aperte durante la gran parte della prima fase della pandemia, oggi si trovano a invertire la rotta.

Nel complesso, è possibile rintracciare una connessione tra le decisioni in materia scolastica e la solidità del servizio sanitario statale. I paesi ad aver interrotto maggiormente l’istruzione in presenza sono quelli più incerti della propria capacità di sostenere un’impennata dei contagi nelle strutture ospedaliere. Al contrario, laddove le risorse per fronteggiare la pandemia sono maggiori (come nel caso di Francia, Svizzera, Principato di Monaco, Norvegia, Finlandia), si rileva la tendenza a preservare il diritto all’istruzione in presenza.

«Questa è una situazione senza precedenti, nella storia. Senza un cambio radicale di prospettiva, le conseguenze saranno gravi e colpiranno i più deboli. Chiudere le scuole deve essere l’extrema ratio, e riaprire le scuole in sicurezza una priorità assoluta.»

Stefania Giannini, vicedirettrice generale per l’Educazione dell’Unesco

Francia e Spagna, scuole aperte durante tutta la crisi: fanno eccezione i liceali, affidati alla DDI

In Francia si è fatto (e si continua a fare) di tutto per garantire regolarmente la didattica in presenza. Le scuole di ogni ordine e grado hanno riaperto il primo settembre 2020 per non richiudere mai, neanche quando, dal successivo 30 ottobre al 15 dicembre, è stato necessario decretare un nuovo lockdown. Le uniche restrizioni introdotte, in questo caso, hanno riguardato le scuole superiori, dove è stato adottato il sistema ibrido, noto come DDI (Didattica Digitale Integrata): un’alternanza tra corsi in presenza (al 50%) e a distanza.

Scuole in Europa: Covid, il caso francese

È tra i liceali francesi, infatti, che la trasmissione virale del Covid avviene più velocemente: secondo gli scienziati consultati dal governo durante il primo confinamento, la riapertura delle scuole superiori al 50% avrebbe avuto una ricaduta limitata sul bilancio dei contagi, mentre una riapertura completa avrebbe potuto provocare un incremento del 50% di occupazione dei posti letto in rianimazione.

Il criterio seguito è stato quello di contenere il rischio di circolazione del virus, dando allo stesso tempo priorità alla continuità scolastica. Tuttavia, ora che la variante inglese del virus sta colpendo il Paese, e la somministrazione dei vaccini stenta a decollare, si è riaperto il dibattito sull’opportunità di mantenere aperte le scuole. Si ipotizza infatti che le nuove varianti del Coronavirus possano essere più contagiose per bambini e ragazzi, e i casi di positività stanno salendo tra tutte le fasce della popolazione, ma specialmente in quella compresa tra 0 e 19 anni, con una percentuale di aumento del 46%.

In ogni caso, il primo ministro Jean Castex ha ribadito che la chiusura totale degli istituti avverrà solo nel caso di un grave peggioramento della situazione epidemica. Per il momento, le eventuali nuove misure contenitive per contrastare gli alti indici di contagio potrebbero riguardare la chiusura delle mense scolastiche e l’interruzione delle uscite da scuola per attività sportive e culturali.

Dal profilo Twitter del ministro dell’Istruzione francese Jean-Michel Blanquer

Studenti spagnoli, tutti sui banchi da gennaio 2021

Anche la Spagna si è allineata alla Francia nella decisione di mantenere le scuole aperte, nonostante la crescita dei contagi e la pressione sugli ospedali. Dopo la pausa delle vacanze natalizie, a gennaio tutti gli studenti sono tornati in classe, secondo le specifiche direttive della regione di appartenenza, ad eccezione di quelli della comunità autonoma di Estremadura, per cui è stato previsto un nuovo periodo di didattica a distanza.

Germania, inversione di rotta e rischio prolungamento del lockdown 

La Germania, che nella prima fase pandemica era stata, assieme alla Danimarca, tra le prime in Europa a riportare gli studenti in classe, si trova a inizio 2021 ad attuare una politica diametralmente opposta. Lontanissimo il ritorno alla didattica in presenza, la strada scelta è quella della didattica digitale.

Dal monitoraggio condotto dall’Istituto Robert Koch, è emerso infatti che il tasso di infezione nelle scuole tedesche è analogo a quello del resto della popolazione, e rappresenta dunque uno dei maggiori vettori del contagio. Evidente il peggioramento, dato che i casi riscontrati tra gli studenti sono oltre quattro volte superiori rispetto a quelli conteggiati all’inizio dell’anno scolastico 2020/2021. Infine, i focolai tra le scuole tedesche, sono sensibilmente aumentati nelle settimane a ridosso del Natale.

Mentre si parla di un ulteriore prolungamento del lockdown fino ai primi di aprile 2021, la gestione dell’organizzazione scolastica resta caotica, poiché di competenza dei singoli Länder (gli Stati federati): la differenza delle tempistiche e le modalità della didattica tra regione e regione ha spinto molti a reclamare una normativa univoca, a livello nazionale.

Dichiarazione di Boris Johnson, lanciata dal profilo Twitter del Dipartimento dell’Istruzione

Regno Unito, la chiusura delle scuole mette in evidenza le disuguaglianze sociali

La chiusura delle scuole e il ricorso alla didattica a distanza ha riguardato anche il Regno Unito, sebbene con diversità di approccio al suo interno. Se in Scozia e Galles il ritorno in classe degli alunni è previsto entro la metà di febbraio 2021, in Inghilterra la chiusura sembra a tempo indeterminato, o perlomeno è stata rinviata fino al successivo 8 marzo. 

Scuole in Europa: Covid, il caso inglese

Anche gli esami estivi, compresi quelli di accesso all’università, ha fatto sapere il ministero dell’Istruzione, non si terranno: il giudizio degli studenti sarà affidato esclusivamente alle valutazioni dei docenti.

Intanto, il trasferimento della didattica sui canali digitali continua ad acuire le disuguaglianze sociali: sono stimate in 7 milioni le famiglie senza accesso a internet; il 30% degli studenti – che sale fino al 50% nelle aree più povere – è vittima del digital divide. A questi ultimi è diretto non solo l’impegno del governo di consegnare computer portatili, ma anche gli sforzi dell’emittente Bbc, che da sempre vanta una lunga tradizione di programmi educativi. 

Maggiore spazio è stato dato al canale Education, che ha proposto un palinsesto ricco di trasmissioni educative, corsi di lingua e di preparazione agli esami; valorizzata anche l’offerta di materiali digitali resi disponibili sul sito internet dell’emittente. (Un approfondimento sulla proposta educativa digitale in Europa è disponibile a questo link)

Questo, al 9 febbraio 2021, il quadro della difficile gestione delle scuole in Europa. Covid, aumento dei contagi e incertezza delle politiche scolastiche, hanno cambiato completamente la quotidianità scolastica di milioni di studenti, docenti e famiglie.

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