ASLAM Cooperativa Sociale: mestieri, formazione, crescita personale

Al quarto appuntamento della rubrica di Con la Scuola, incontriamo un Consiglio di classe anomalo, che ha però molte affinità con il progetto sulle competenze di Snam e Luiss BS.

ASLAM Cooperativa Sociale si costituisce formalmente nel 2015, ma già dal 1996 è attiva come associazione di persone dedita alla formazione professionale. Oggi come allora,  l’obiettivo primario di ASLAM è quello di preparare i giovani al mondo del lavoro, in questo senso l’offerta didattico-formativa ha un’impronta altamente specializzante su diversi ambiti lavorativi. «Questa impronta» ci racconta Angela Bizzari, Coordinatrice dei Referenti di Progettazione Didattica per la Lingua italiana, «va di pari passo con una preoccupazione educativa centrale, nella nostra idea, che trova spazio nella mission di ASLAM che è quella di far crescere le persone insegnando un mestiere».

ASLAM Cooperativa Sociale nasce nell’area del varesotto, a Samarate, dove il distretto produttivo di riferimento è quello della meccanica industriale: macchine, utensili e tornitura. Le sedi sul territorio lombardo sono attualmente cinque, più una partnership con un ente in Sardegna. Eccole, nel dettaglio:

  • Samarate: meccanica.
  • Malpensa: manutenzione di aeromobile e logistica aeroportuale
  • Magenta: termoidraulica, saldatura e curvatura della termoidraulica sui frigoristi
  • Lentate: operatore del legno e curvatura sul design

In tutti questi contesti, gli interlocutori di ASLAM Cooperativa Sociale sono (e sono sempre stati) le associazioni di categoria industriale e le aziende, anche piccole.

Attività e sedi di ASLAM Cooperativa Sociale

ASLAM cooperativa sociale: insegnare mestieri, formare persone 

«Si può fare formazione professionale in tanti modi» prosegue la professoressa Bizzarri, «tanti nostri colleghi fanno formazione in modo eccellente, con altri stili. Il nostro stile ci ha portato a iniziare dal fabbisogno delle aziende: quindi sviluppare la nostra proposta formativa a partire dalla domanda che realmente emerge nel tessuto produttivo del territorio.

«Questo ci permette di mandare in tirocinio i ragazzi, che dal secondo anno di scuola superiore, possono andare in stage in azienda per 8 ore. Possono stare lì per almeno due mesi, e imparare il mestiere direttamente, fino alla formazione superiore che è una proposta alternativa all’università.

I percorsi

«Volendo un ragazzo si può iscrivere dalla terza media, e quasi tutti i percorsi che lo prevedono, che abbiano quindi una richiesta di specializzazione particolare, possono proseguire per 7 o 8 anni nello stesso campo, così i ragazzi possono specializzarsi sempre di più, facendo tutti gli anni, dalla seconda superiore in poi, un tirocinio che occupa il 50% dell’attività. Questo è il contesto generale. 

I settori

«Oltre al settore meccanico, abbiamo sviluppato la progettualità anche sulla logistica, che ha due declinazioni: quella aeroportuale a Malpensa, con specializzazione nella security, operazioni doganali etc; e sulla grande distribuzione a Milano, per ovvie ragioni di presenza di supermercati, catene commerciali etc.»

ASLAM cooperativa sociale e il percorso di Con la Scuola

Il Consiglio di classe di ASLAM Cooperativa Sociale è sicuramente – per loro stessa ammissione – un consiglio di classe anomalo, rispetto agli altri partecipanti a Con la Scuola e a quelli incontrati nei precedenti appuntamenti di Storie dai Consigli di classe (si leggano i numeri uno, due e tre della rubrica). 

E forse proprio per questo è particolarmente interessante sentire, dalle vive voci dei docenti/tutor di ASLAM, quale sia stata l’esperienza che il loro ente di formazione ha vissuto all’interno del percorso proposto da Snam e Luiss Business School.

Giorgio Sironi, Tutor di classe/apprendistato, Laboratorio di Soft Skills, Human Factor: «Il preside da noi non esiste, da noi c’è il coordinatore. All’epoca ci coinvolse lui. Il progetto Con la Scuola ha portato un valore aggiunto (forse su alcune cose eravamo già abituati, perché si è inserito in una prassi per noi sostanziale, quasi identificativa). Per esempio, durante il lockdown, avere delle scadenze programmate con obiettivi specifici è stato un modo per dare un senso allo scorrere del tempo, senza sganciarci da quello che era il nostro lavoro, e da quello che stavamo facendo.

Gli appuntamenti di Con la Scuola

«Gli appuntamenti offerti da Con la Scuola hanno sicuramente ritmato e cadenzato un’incertezza, difficilmente abitabile. In un periodo in cui si rischiava di perdere i riferimenti (lavorativi, personali): Con la Scuola è servito a non perdere i pezzi, a mettere a tema delle cose che, in un’epoca precedente, pre-Covid, forse sarebbero state percepite come “una cosa in più da fare”. Per me c’era anche una predisposizione mentale a domandarsi che senso avesse quello che si stava facendo. Quindi il progetto è arrivato in un momento in cui la terra era fertile per raccogliere quei semi.

«Lavorando per competenze abbiamo avuto modo di mettere questo percorso a tema in un modo molto più strutturato».

Con la Scuola ci ha aiutato molto a dare concretezza a quello slogan che dice “le competenze sono già possedute, devono essere soltanto aiutate ad emergere”. In questo modo abbiamo anche potuto rilanciare la programmazione didattica e il modo di fare lezione.

Le giornate di formazione di Con la Scuola, la didattica per competenze (e la distanza tra vita e didattica)

Simona Motta, Tutor di classe, Referente Progettazione Didattica, Matematica, Scienze: «Le giornate di settembre (2020 a Milano) a cui io ho potuto partecipare sono state proprio una rivelazione. Siamo diventati più consapevoli di qualcosa che facevamo già: la didattica per competenze. Questa consapevolezza è stata davvero una liberazione, perché è cambiato soprattutto, per quel che mi riguarda, il modo di guardare gli studenti quando ce li ho davanti, che sia in presenza o in Dad. 

«Per quanto il nostro modo di insegnare fosse già sbilanciato verso la didattica per competenze, mi sono trovata a insegnare come se stessi operando un travaso di conoscenze: quello che so io lo trasferisco a te. Questa rivelazione, questo riconoscimento – che combaciava perfettamente con la nostra esperienza quotidiana -, l’aver riconosciuto che i ragazzi che abbiamo davanti hanno già in sé tutto quello che serve, e noi siamo degli attivatori, degli sviluppatori, è stato davvero liberatorio.

Guardare gli studenti in modo diverso

«Ha permesso di togliere quel filtro, che uno sente nel non essere personale. Ecco per me questo essere personale io l’ho visto in modo diverso. E mi ha fatto guardare gli studenti in un modo diverso, soprattutto rispetto al voler entrare in dialogo con loro. Se io devo attivare qualcosa che c’è già, non c’è più lo studente passivo, e il tempo speso in questa ricerca non è tempo sottratto all’insegnamento.

«Tutto quello che capitava in classe: un dialogo, l’analisi di un fatto di cronaca, un argomento noioso, un tema interessante, è stato più facile farlo entrare nella didattica. Si è assottigliata la distanza tra “vita” e didattica. È stato liberatorio anche per gli studenti averli resi parte attiva della lezione, meno ricevitori. Almeno i tentativi che ci sono stati mi hanno dato molta soddisfazione. Hanno insegnato tanto, sia nell’ambito informatico – che ci ha richiesto di fare un passo avanti – che per i contenuti: io l’ho vista così, due mondi che finalmente hanno iniziato a parlarsi». 

Osservazione, lavoro di gruppo

Marta Salvati, Tutor di classe, Referente Progettazione Didattica, Matematica, fisica: «Io ero presente con Simona e Angela, alla formazione in presenza delle giornate a Milano, a settembre; che sono state anche la chiave di volta delle lezioni precedenti al lockdown.

«L’osservazione senza giudizio non è una cosa scontata. Per esempio, vedo il ragazzo in classe col cappello e penso “lui non ha voglia di fare niente”. Quindi è vero che si giudica senza averne consapevolezza. 

Imparare a osservare senza giudicare è stato molto importante perché ha scardinato pregiudizi e convinzioni che non pensavo di avere.

Adesso li osservo per 40 giorni e poi apro un dialogo con i ragazzi, e dico ho visto questo e questo, cosa vuol dire?

«Oltre all’osservazione, sottolineo l’importanza del lavoro di gruppo. Apparentemente tutti sanno cos’è un lavoro di gruppo; invece abbiamo approfondito molto questa tematica e ho capito che in fondo non sapevo cosa fosse un lavoro di gruppo. Perché lavorare in gruppo non vuol dire: “ho un compito lo divido in cinque parti, e all’interno del gruppo, ognuno fa un pezzetto”. È stato proprio chiaro che far emergere la competenza che il ragazzo ha già è molto più semplice in una dinamica di gruppo; il più timido della situazione in un gruppo piccolo riesce a uscire più facilmente.

«Queste sono le due cose che mi porto a casa:

  1. l’importanza dell’osservazione
  2. il lavoro di gruppo (sia tra ragazzi, che tra noi docenti) 

L’accelerazione del lockdown

Noi eravamo già abituati a questa modalità, ma il lockdown ha dato un’accelerata. All’inizio è stato qualcosa di forzato, poi ci abbiamo preso gusto: abbiamo capito che era una modalità vincente sia tra funzioni (ogni sede ha la sua peculiarità ma se messe insieme portano un apporto positivo), sia nelle riunioni tra docenti della stessa sede. Sicuramente il lockdown e il lavoro di Con la Scuola hanno consentito di avere una marcia in più».

ASLAM Cooperativa Sociale alla prova del lockdown: riorganizzarsi e (continuare a) valutare la crescita dei ragazzi

Elisa Zini, Tutor, Laboratorio di Soft Skills: «La coincidenza del lockdown con la partenza del corso di formazione di Snam Con la Scuola (febbraio 2020) è stata una combinazione vincente: mi ha obbligato a mettere ordine in tutto il caos che regnava. Noi, inoltre, abbiamo i laboratori, quindi chiudere di punto in bianco i laboratori per un centro di formazione professionale è stato molto destabilizzante.

«Personalmente ho trovato molto utile quel che abbiamo fatto nella prima parte del corso. Abbiamo strutturato l’anno: come partire, che tipo di obiettivi si vogliono raggiungere, come affrontare valutazione e post valutazione. Mi è stato utile, perché mi ha fatto riscoprire cosa volesse dire parlare e collaborare tra diverse sedi. Abbiamo recuperato un metodo di lavoro, di fare didattica.

«Una volta che abbiamo lavorato su questo, ho avuto interesse a chiedere quello che facevano gli altri, e a dare un contributo dalla mia sede agli altri».

Il sostegno di Con la Scuola, i project-work e le capacità di base

Angela Bizzarri: «Non essendo una scuola tradizionale, noi dobbiamo aderire anche alla normativa regionale. Quindi segue anche un’ulteriore declinazione rispetto a quella ministeriale. Siamo un sottoinsieme dell’insieme. Ci siamo dovuti un po’ arrabattare, perché faticavano ad arrivare gli aggiornamenti normativi, quindi questa è stata una grande motivazione per farci lavorare di più. 

E se i ragazzi non vanno nei laboratori cosa fanno?

«Poi si pone la grande problematica: “se i ragazzi non vanno nei laboratori cosa fanno?” Nel nostro caso, i ragazzi hanno anche l’esame che valuta le loro competenze tecniche da fare in laboratorio. Ed è la prova che vale di più in assoluto e decreta o meno il passaggio all’annualità successiva o l’ingresso nel mondo del lavoro. Quindi il non poter andare in laboratorio era un problema serio. 

«Per questo noi abbiamo avuto la possibilità normata di progettare i project-work, che sono unità didattiche alternative, che prevedono un prodotto finito che si deve avvicinare il più possibile a qualcosa di pratico.

«Questo ha messo a fuoco un aspetto che personalmente reputo rivoluzionario dopo avere scoperto il progetto Con la Scuola, progetto che mi ha aperto una prospettiva innovativa, ovvero il fatto che noi ci concentriamo per natura sulle competenze tecnico-professionali, ma forse abbiamo sempre considerato di più le capacità invece dell’area cosiddetta di base (italiano,matematica, inglese, problem solving, capacità trasversali e relazionali, imparare a imparere). 

La risposta dei ragazzi

«Invece in questo caso, sono stati i ragazzi stessi che ci hanno suggerito con la loro partecipazione molto attiva e la loro risposta partecipativa ai nostri progetti e a quello che continuamente proponiamo loro. I ragazzi ci hanno aiutato ad accorgerci che in loro c’era già tutto questo bagaglio. Perché se nelle competenze tecnico-professionali, noi siamo assolutamente portati a considerare le competenze di base, e rischiamo di fissarci più sulle capacità (sono capacità di usare una certa tecnica, di parlare in un certo modo), invece tutti questi lavori a distanza hanno fatto luce su cosa sia davvero la competenza: ovvero qualcosa di agito nell’istante che accade, e a cui il ragazzo ricorre per vivere».  

Per me è stato illuminante vedere come una competenza messa in pratica richiami poi tutte le altre.

I relatori di Con la Scuola, team Luiss Business School

«Da questo punto di vista secondo me i relatori di Con la Scuola sono stati straordinari. Hanno usato il metodo dell’osservazione, della sospensione del giudizio, delle competenze anche con noi: ci hanno insegnato qualcosa che fanno davvero nella pratica. 

E questo insegnamento è stato trasmesso anche con l’esempio, non solo con la trasmissione di contenuti. Non è un caso che sia passato soprattutto nei giorni in presenza, perché effettivamente c’è una differenza tra il virtuale e il reale. Il virtuale ci ha predisposti all’apertura, perché paradossalmente ha accentuato la mancanza di capacità: tutti partiamo da zero, docenti e alunni. Ci ha portati in una prospettiva di scoperta. Abbiamo tante soluzioni, ma a volte siamo costretti in gabbie: per esempio le ore asincrone. Ci siamo mossi cercando di sfruttare l’iniziativa dei ragazzi». 

ASLAM Cooperativa Sociale, reazione alle difficoltà del lockdown

Giorgio Sironi: «Noi siamo strutturati così: ogni classe ha un tutor, che ha i numeri di telefono di genitori e studenti, e segue i ragazzi. Quindi se io mi collegavo per la lezione e vedevo dei ragazzi assenti, contattavo i genitori. Questa semplice azione per molte scuole è proibitiva, per tutta una serie di vincoli e impedimenti. 

«Una cosa che ho visto in diretta e che poi ho avuto come riprova stamattina [ndr, nel momento di raccogliere questa testimonianza era ancora in corso l’attività dei project-work], è che nei nostri project work, i ragazzi sono molto stimolati

“In casa mia non c’è niente da riparare”

Faccio un esempio: io seguivo lo scorso anno una seconda sulla progettazione del legno. Uno dei project-work era quello di osservare in case se ci fosse qualche elemento che necessitava di intervento (una porta che cigola, uno sportello rotto). E un ragazzo mi dice: “In casa mia non c’è niente da riparare”. Allora io gli rispondo: “Ma questo non è possibile: o hai cambiato casa, o vivi in una casa nuova. Guarda, osserva meglio”.

Questa era un po’ un’abitudine del ragazzo, quella di non prestare molta attenzione alle cose. Oggi è andato in stage, e dovendo compilare il registro, ha notato che il nome del suo tutor aziendale non coincideva con il nome della persona che concretamente lo segue, allora mi ha scritto su WhatsApp per chiedermi chiarimenti. Mi piace vedere questo piccolo gesto come una competenza osservativa che è stata sviluppata, anche grazie al lockdown».

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