L’impatto psicologico della chiusura delle scuole su studenti e studentesse rimane uno dei temi cardine del dibattito sulla didattica in periodo di pandemia. Se infatti la sospensione delle lezioni in presenza è stata una misura necessaria in più di 180 paesi nel mondo per contrastare la diffusione del Covid-19, ci si chiede però quali siano stati gli effetti psicologici sugli studenti, costretti dal lockdown a una brusca sospensione delle attività scolastiche e delle interazioni sociali.
L’indagine dell’Associazione Nazionale Di.Te (Dipendenze tecnologiche, Gap, Cyberbullismo)
Secondo un’indagine condotta dall’Associazione Nazionale Di.Te (Dipendenze tecnologiche, Gap, Cyberbullismo), su un campione di più 9000 studenti italiani, durante la chiusura delle scuole 8 ragazzi su 10 hanno modificato i propri orari legati al sonno e alla veglia. Molti di loro hanno manifestato insonnia e risvegli notturni, fatica ad addormentarsi e a svegliarsi, e stanchezza. Quasi la metà ha cambiato anche le proprie abitudini alimentari, dichiarando di mangiare di più e a orari irregolari.
Allo stesso modo, per docenti e Dirigenti scolastici l’interruzione delle lezioni in presenza e la sfida della DAD hanno rappresentato un momento complesso e importante che li ha messi a dura prova. I partecipanti al progetto formativo Con la Scuola, hanno fatto un bilancio di questo periodo emergenziale attraverso testimonianze raccolte in questo articolo.
I formatori della LUISS Business School, partner del progetto, li hanno seguiti dal mese di marzo 2020, attraverso laboratori e webinar, che hanno permesso a docenti e Dirigenti di affrontare in modo propositivo il periodo dell’emergenza.
Ma torniamo ai ragazzi.
Impatto psicologico della chiusura delle scuole: quale ricaduta sui ragazzi?
Un tale interrogativo si pone come riflessione necessaria per pensare la scuola del futuro, nella consapevolezza che la pandemia ha cambiato in modo incontrovertibile molti aspetti della vita di ciascuno e, tra questi, la scuola non può fare eccezione.
La prospettiva di un ritorno al lockdown e del ricorso alla DAD, inoltre, non è ancora del tutto sopita, e impone un ripensamento degli strumenti e del modo di fare didattica impiegati fino adesso.
Ma qual è stato l’impatto psicologico della chiusura delle scuole sugli studenti?
Il dato che emerge chiaramente è che l’isolamento forzato e la mancanza delle relazioni sociali hanno avuto in alcuni casi una ricaduta negativa, generando ansia, depressione e preoccupazione per il futuro.
A questo si aggiunge lo stravolgimento degli orari e delle routine quotidiane, che se in un primo momento ha alleggerito i ragazzi dall’obbligo della presenza in classe, con il passare del tempo ha determinato confusione e alterazione dei ritmi biologici.
Il lockdown ha acuito altresì fragilità e incertezze: 1 ragazzo su 3 si è detto pessimista riguardo al futuro, non riuscendo a intravedere possibilità e aspetti positivi nella nuova realtà disegnata dalla pandemia (Fonte: Indagine Di.Te.).
L’UNESCO aveva già lanciato l’allarme, all’inizio del 2020, sugli effetti negativi della chiusura sugli studenti di tutto il mondo, stabilendo come priorità la ricerca di soluzioni per migliorare le loro condizioni e la loro salute.
Computer e apprendimento: dati e indicazioni da uno studio made in Usa
La rivoluzione digitale che ha investito il mondo della scuola e del lavoro durante la pandemia ha reso il computer e le nuove tecnologie protagonisti indiscussi e strumenti indispensabili per continuare a svolgere le attività a distanza. Ma qual è il loro impatto sull’apprendimento dei ragazzi?
Seppure non manchino i vantaggi, alcuni studi svolti in ambito statunitense hanno posto l’accento sugli effetti negativi dell’uso dei computer sull’apprendimento (qui dettagli degli studi, in lingua inglese), sottolineando come il multitasking rappresenti più un fattore di distrazione che una risorsa.
Il neuroscienziato Jared Cooney Horvath avverte: “la tecnologia per i ragazzi è legata all’intrattenimento, non allo studio”
Il motivo, secondo il neuroscienziato Jared Cooney Horvath, è che la funzione primaria di pc, laptop e tablet per i ragazzi è principalmente legata alla fruizione dell’intrattenimento in rete, e solo in seconda istanza, allo studio.
Sempre secondo Horvath, da un’indagine recente condotta negli USA risulta infatti che, ogni settimana i giovani nordamericani trascorrano davanti a smartphone, tablet e pc:
- 10 ore e 44 minuti per giocare ai videogames
- 10 ore e 2 minuti per guardare film e contenuti video
- 8 e 14 minuti sui social media
- 7 ore e 32 minuti per ascoltare musica
- 3 ore e 25 minuti per fare i compiti a casa
- 2 ore e 5 minuti per fare i compiti a scuola
È evidente che il tempo dedicato allo studio sia notevolmente inferiore rispetto a quello per lo svago. Inoltre, quando si trovano davanti al pc per fare i compiti, gli studenti impiegherebbero meno di 6 minuti prima di accedere ai social network, con una capacità di concentrazione e di attenzione fortemente minata dal multitasking che il computer stesso offre.
In conclusione, gli studenti consumerebbero molto più tempo e energie per inibire gli impulsi, consolidati in anni di abitudine, che li spingono a utilizzare il computer come hanno sempre fatto, secondo la sua funzione primaria, che non per apprendere e imparare.
Questo non vuol dire che la tecnologia non possa essere una risorsa per la scuola, ma alla luce dei dati presi in considerazione, emerge la necessità di un utilizzo e di una gestione più consapevole da parte dei ragazzi e di chi li supporta in questo percorso.